La rabbia e il rancore

Il rancore e la rabbia covati dai migranti per lungo tempo finalmente, e c’era da espettarselo, sono scoppiati.
La data del 18 Aprile la segnerò sul mio taccuino come il giorno della prima rivolta degli stranieri.
Quello che è successo il 18Aprile a mio avviso ha la stessa valenza simbolica delle banlieus parigine.

I subbugli delle periferie francesi hanno visto per protagonisti non gli immigrati di primo pelo ma le le cosidette seconde e terze generazioni. Vale a dire cittadini francesi a tutti gli effetti. Almeno sulla carta. Perché a dispetto dello status di cittadini sancito e protocollato sulla carta, le condizioni di vita e le opportunità di una vita dignitosa di cui possono disporre rimangono quelle riservate agli appartenenti ad una casta minore.

La rivolta di senigallia, invece, ha visto lottare fianco a fianco, nuovi e vecchi immigrati insieme anche a molti italiani; clandestini e beneficiari del permesso di soggiorno.
Tutti ugualmente uniti da una rabbia crescente. La stessa rabbia che ha spinto i figli degli immigrati a devastare la periferia parigina. Rabbia che è l’estrema risposta all’indifferenza. Rabbia figlia dell’ingiustizia. Rabbia che è presa di coscienza. Rabbia che è disperazione.
Chi pensava di trovare oltre confine uno spazio di libertà dove esercitare i suoi diritti di uomo, sanciti da una miriadi di Dichiarazioni, non ha trovato altro che esclusione e mortificazione. Ha imparato sulla sua pelle che la democrazia e i suoi principi di uguaglianza è roba a lui preclusa. Ha imparato che quando fa comodo la democrazia si può anche esportare, ma la stessa democrazia quand’è il caso sa anche innalzare barriere inespugnabili contro gli intrusi e gli indesiderati. Barriere fatte di leggi, decreti, pregiudizi, demagogia e tanta paura. La paura dell’altro. L’altro e i vari nomi che gli si affibiano: clandestino, zingaro, rumeno… Ma l’altro adesso può anche diventarlo l’italianissimo disoccupato e sfrattato. L’altro che è in fin dei conti il povero. Ma si tratta di una povertà nuova. Una povertà senza rassegnazione. Poveri intraprendenti e a muoverli è il risentimento e il rancore. Poveri incazzati. E tante incazzature private prima o poi si ritrovano e si riconoscono e trovano nella ribellione l’unico riscatto possibile. La loro diventa rabbia collettiva. Rabbia che naturalmente ha come primo bersaglio l’ordine precostituito e i suoi tutori.
L’assalto alla caserma dei carabinieri di Senigallia è in questo senso emblematico.

L’assalto alla caserma dei carabinieri è solo l’ultima è più eclatante manifestazione del profondo disagio che cittadini migranti e autoctoni da lungo tempo denunciano inascoltati.
La difficile convivenza nel rione porto fra stranieri portoletti è infatti cosa risaputa. A nulla, evidentemente, è servito né il restyling di Via Carducci né le poche e patinate iniziative per l’ntegrazione. Anche gli assidui controlli delle forze dell’ordine sembrano aver sortito l’effetto contrario. L’unico risultato che si è ottenuto è esacerbare gli animi.

Dopo gli ultimi episodi di cronaca la tensione nel Rione si taglia col coltello. Via Carduci è diventata un deserto. Vi si aggirano solo pattuglie delle forze dell’ordine e i pochi esercenti che ancora tengono duro. Mentre altre attività hanno abbassato definitivamente le serrande.
Le Vie del Rione che sono maggiormente coinvolte sono Via Carducci e Via Mamiani. In entrambi i casi sono dei bar a maggiormente risentire delle problematiche del rione e a farne da cassa di risonanza: Bar giusy in via Carducci e Il colosseo di Via Mamiani.
La situazione è andata via via degenarando. Fino ad arrivare alle petizioni dei residenti al Sindaco dove non solo si denuncia il disagio ma dove ci si dice anche pronti a farsi giustizia da sé.
In questi casi come sempre cՏ chi parla di razzismo e chi di animi esasperati. Cӏ del vero in entrambe le affermazioni.

Il nocciolo della questione a mio avviso è un altro.
Le ragioni socio-economuche che hanno permesso un alta concentrazione di immigrati nella zona stanno venendo meno.
Quando sorgerà l’albergo a 5 stelle progettato da Potoghesi, il Rione Porto diventerà lil corridoio obbligato che farà da anello di congiunzione fra il salotto buono di senigallia e la spiaggia dei vip. Inevitabilmente quindi tutta la zona è destinata a riconvertirsi e rivalutarsi, muovendo tutto un business che i signori del mattone non possono lasciarsi sfuggire.

Ora è compito della politica accompagnare il nuovo assetto socioeconomico che sta interessando la zona in modo che le tensioni di questa fase di transizione, dove immigrati e portoletto indigenti saranno le prime vittime designate, non degenerino in qualcosa di irreparabile.

Il nuovo incombe, e per dargli spazio gli immigrati dovranno spostarsi altrove e anche la rabbia e il rancore dovranno farsi un po’ più in là.

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