Arianna Ciccone di Valigia Blu sta provando a narrare l’immigrazione in modo diverso dalla vulgata generale. Vulgata che praticamente, stringendo al massimo, ci restituisce il fenomeno immigrazione visto solamente o dagli occhi di Salvini o da quelli certamente meglio predisposti di un buon parroco di periferia. Per cui l’immigrato quando non è una minaccia da tenere a bada con le ruspe è un povero cristo su cui riversare tutta la pietà cristiana di cui si è capaci. Tertium non datur. O se è datur per scovarlo bisogna andarselo a cercare con il lanternino. Proprio quel che sta facendo Valigia Blu: “Contro intolleranza, mancanza di empatia, spietatezza e ostilità. Contro un razzismo sempre più diffuso nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa: contribuire a far emergere il racconto della bontà, della fratellanza, dell’abbraccio.”
I risultati non si son fatti aspettare. Ad oggi sono più di 100 le storie raccolte.
Arianna Ciccone è una che di giornalismo e di rete se ne intende, eccome. E se la rete, quando si tratta di questi argomenti, sa trarre il peggio dall’umanità digitante, lei ha saputo invece dare visibilità anche a quanto di positivo succede nella vita reale ma che raramente trova spazio sul web e sui suoi vari social, dove invece spadroneggiano cori razzisti e altre truculenze varie degne dei più fervidi adepti del Ku Klux Klan
Tanto di cappello dunque ad Arianna e alla sua Valigia Blu.
Oltre all’iniziativa di Arianna, degno di attenzione è anche quanto ha provato a fare la testata online Prospettive Altre: far raccontare l’immigrazione ai diretti interessati (immigrati e figli di immigrati).
Insomma la rete non è solo quella cloaca nauseante dove vanno a parare quasi tutti i seguaci di Salvini. È anche Arianna Ciccone e pochi altri.