Il mio Sharing

Le Marche, Amandola e Smerillo. Un’ abbazia. Un panorama da favola, due bellissime giornate di sole. In questo contesto si è svolto Sharing, nelle giornate del 13 e 14 aprile. L’argomento del festival ( ma festival è parola che non rende bene l’idea) era identità sospese. Gli organizzatori Eros Scarafoni imprenditore illuminato, Pauline & Rob Betts… Bellissimo il pubblico: inglesi, australiani, scozzesi…:tutta gente che ha scelto le marche come terra d’elezione. Certo sono immigrati anche loro, ma basta un’occhiata alle loro belle facce ben ossigenate per capire che non hanno da sbattersi più di tanto per sbarcare il lunario. (Così com’è formulata quest’ultima frase potrebbe dare adito a fraintendimenti – vero Pauline? – Preso atto però della sua gratuità, vorrei pensarci bene prima di sostituirla. Perchè non voglio rimpiazzarla semplicemente con una frasetta dettata dal politically correct, ma voglio che le parole che andranno a sostituirla siano il frutto di una ponderata meditazione).
Io ero lì per la parte convegnistica del festival e il mio intervento verteva su “identità, comunità, diversità” ( la rima non è intenzionale) . Siccome il pubblico era per lo più anglofono a tradurre era Pauline. Io parlavo in italiano e lei traduceva le mie stesse parole in italiano. Non c’era verso di farla rinsavire. Questo imprevisto ha fatto molto divertire il pubblico e mi ha permesso di cavarmela in scioltezza visto che ormai la cosa aveva preso più i toni di commedia all’italiana; ed è solo grazie allo humor inglese della traduttrice e del pubblico che il tutto non è andato poi a tarallucci e vino.. Comunque alla fine sono riuscito a presentare il mio “Il divano non è un luogo comune” e dire due parole sul tema predetto: identità, diversità, comunità..ità, ità, ità.
Capisco i relatori di professione che devono in qualche modo occupare l’oretta a loro disposizione. Ma sono convinto che il nocciolo di qualsiasi relazione può essere detto anche con poche frasi. Nel caso del mio intervento si è trattato di questo: ormai la diversità è un dato di fatto. Il vicino di casa è un marocchino, la rosticceria dietro l’angolo è gestita da cinesi, più in là il kebab pachistano. Ad imbiancare la casa è un rumeno. Ad assistere la nonna è la signora polacca. Ecc ecc. Eppure l’italiano medio guarda ancora a questa diversità con l’occhio di Marco Polo: esotismo, mirabilia e timore. Viviamo gli uni accanto agli altri come isole. Forse è giunto il momento di prendere coscienza della normalità della diversità. Partire da questa consapevolezza e creare nuove appartenenze basate su qualcosa di nuovo da condividere.
Detto questo c’è da aggiungere che ero ospite durante i due giorni di Sharing nell’abbazia di San Ruffino. A tirarne le fila è Benedetto: simpatico prete con alle spalle vent’anni di missione in Costa d’Avorio. Manco a dirlo la sua fede è saldissima. Fa bene il suo lavoro, e nulla ha lesinato in quanto ad argomentazioni per salvarmi l’anima. Ma lo faceva in buona fede, in modo genuino e a tratti anche rustico. Uomo affascinante e ormai raro esemplare, in tutte le professioni, di fede inscalfibile. Alla fine ha trovato in me una somiglianza con Sant’Agostino. Abbiamo parlato ( lui più che altro) di Abramo, Mosè, santa trinità, resurrezione, ramadan, Islam, ebrei, identità sospese, identità di scopo, di peperoncino, di gatti, di fichi, di ulivi, di incontri biblici. Dice che il mio intervento lo ha ispirato. Forse perché vedeva ardua ormai una mia improvvisa conversione, mi ha caldamente sospinto a riprendere almeno a praticare come dio comanda la mia fede. Arrivando ad offrirmi ospitalità a condizione di riprendere a pregare 5 volte al giorno in direzione della Mecca.
Poi ho conosciuto Natan: barba da patriarca, voce profonda e la serenità dei profeti. Diversi anni in Kibbutz.
Ho scoperto il Fado, la musica della nostalgia, interpretata dal virtuosismo appassionato di Marco Poeta; e I Montenegro Balklannklezmerband
Siamo stati ( io , Eros, Oriana, Natan e moglie ) negli studi di Radio Fermo1, intervistati da Adolfo Leoni ( uomo di comunicazione e scrittore)
Sono stato anche all’azienda agraria di Eros. Qui ho mangiato formaggi, pane con olio e altre prelibatezze. Mi son fatto immortalare con una capra chiaramente invaghita di me. Non si meraviglino i benpensanti, le coppie miste sono all’ordine del giorno. Dico “invaghita”, ma non saprei: aveva due corna di tutto rispetto. Chissà, magari un’altra identità sospesa.

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2 Responses to Il mio Sharing

  1. Pauline Betts says:

    Mi piace!! Ma non è vero che non dobbiamo sbattersi sbarcare il lunario. You are doing what you accused the Italians of – judging by appearances!!

    Anch’io sono extracommunitari…

  2. Pingback: Intervista a Pauline Betts - Stracomunitari

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