Gaza: fra tregue, ragion di Stato e buon senso

In questi tempi di tregua si tira finalmente un sospiro di sollievo e ci si sforza a ritornare quasi ragionevoli. Anche se tregua rimane appunto solo una tregua. Giusto una pausa fra un tiro di grilletto e un altro. Ma ce la spacciano come un gesto umanitario di grande bontà, qualcosa che meriterebbe il nobel se non proprio la santità. E d’altronde questo sforzo, da parte del belligerante Israele, di convincerci che quel che ai nostri occhi è solo malvagità sia in realtà qualcosa di necessario e imprescindibile, è fatto che lascia sconcertati almeno quanto la malvagità suddetta. Cercano cioè di persuaderci che per quanto sia malvagio e assurdo quel che i nostri occhi vedono, quel che invece dobbiamo fare è non crederci. Mentre sono in corso bombardamenti di civili, scuole e ospedali, qualcuno, alla televisione, appare bello fresco rasato e incravattato, a parlarci di tunnel e terroristi da combattere. Ed è in questo scarto fra le immagini di bambini maciullati e speaker sereni che sta la “ragion di stato”. Ragione che evidentemente obbedisce a logiche che nulla hanno a che vedere con il buon senso. Il buon senso vorrebbe ad esempio che non si radi al suolo un intero villaggio perchè magari vi nascondono un paio di terroristi. Sempre il buon senso sconsiglierebbe di bombardare un ospedale, anche magari sapendo che i suoi corridoi possano nascondere il più pericoloso dei criminali. Lo stesso buon senso vorrebbe che non si interpellino intellettuali che sposano in pieno “la ragion di stato”, per spiegarci, con fare da osservatori imparziali e illuminati, “il conflitto in Medio Oriente”. Leggendo le loro analisi, sento sfumare il buon senso e il ritorno trionfale dell’olezzo della “ragion di stato”, non appena questi questi cominciano a distribuire equamente le responsabilità ricorrendo al refrain “da ambo le parti”. Ma, come già detto, buon senso e ragion di stato devono essere cose diamettralmente opposte.
Inoltre la loro ragion di stato, oltre ad avere una logica tutta sua, parla anche una lingua tutta sua. Non nel senso che parli una lingua diversa: ma nel senso che usa parole a noi notissime attribuendole significati del tutto diversi dall’uso comune. Ad esempio “guerra”. Noi per guerra intendiamo due eserciti che si combattono. Io invece non ho visto eserciti in questa guerra. Ho visto solo città che venivano rase al suolo. E ce ne sarebbero altre di incongruità in questa “Guerra di Gaza” su cui ragionare ( riguardano l’informazione, il valore della vite umana, ecc). Ma sono tutti discorsi che richiedono tempo e studio. Discorsi però che è meglio fare in tempi di pace, quando cioè il buon senso torna a prevalere sulla ragion di stato. Nei tempi di tregua tutto quel che possiamo fare è leccarci le ferite. ( intanto pare sia finita pure questa tregua)

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One Response to Gaza: fra tregue, ragion di Stato e buon senso

  1. Mi è piaciuta, questa riflessione.

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