Quando “il lusso è un diritto” sono i diritti a diventare un lusso

C’è una pubblicità che dice che il lusso è un diritto. Nella pubblicità in questione l’oggetto dei desideri è una utilitaria. Ovvero il veicolo di locomozione per eccellenza della classe media. Ceto medio di questi tempi è argomento alquanto fumoso. Quel che intendo io con questa locuzione è un individuo che ha un lavoro sicuro e supera con agio i mille euro al mese. Quando va a chiedere un credito al consumo ha buone probabilità che gli venga concesso. Tutto quel che ha da fare è sacrificare un quinto del suo stipendio. Quindi parlo di operai, impiegati e tutto l’esercito delle shampiste varie ( il target dell’utilitaria in questione è soprattutto femminile). Se c’è una cosa che il ceto medio non può non permettersi questa è proprio l’utilitaria.
I pubblicitari in genere è gente accorta. Se hanno ritenuto di innalzare un’ utilitaria al rango di bene di lusso un motivo ci sarà. Evidentemente il potere d’acquisto della classe media s è abbassato parecchio. La colpa ovviamente è della crisi. Ma quando è la classe media tutt’intera che entra in crisi vuol dire che è tutto il sistema che traballa. Viene eroso il collante che regge il vivere civile. Tutti i vantaggi di una società basata su un benessere diffuso cominciano a venir meno. E quando questo succede, in definitiva, sono i principi democratici che entrano in discussione. Ed eccoci dunque ai diritti. I tempi in cui l’utilitaria diventa un lusso sono tempi grami.
Quella pubblicità non ci sta dicendo che il lusso è un diritto ma che il diritto sta diventando un lusso. Solo che intrisi come siamo di una mentalità consumistica ormai consideriamo anche i diritti alla stregua di merci. Mentre invece sono un bene essenziale. La storia ci insegna che quando i diritti diventano un lusso questo è presago di rivoluzioni non tanto di là da venire.
Quelli che volevano nel ’68 la fantasia al potere hanno visto esaudito il loro desiderio. Com’è vero che chi regge le nostre sorti oggi è l’oligarchia dei creativi. Ci muovono a bachetta a forza di spot e cartelloni pubblicitari. Ci dicono cosa desiderare e chi votare.
Arrivati a questo punto forse è giunto il momento di fantasticare di meno e tornare ad essere più realistici. Detta così però suona male. Ci vorrebbe uno slogan ad effetto. E anche lo spot, questa volta, ha da essere davvero rivoluzionario.

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