Boicottare? Preferirei di no

fiera-del-libro.jpgPer via di un mio racconto pubblicato da Mangrovie, piccola casa editrice che si occupa dei cosiddetti scrittori migranti, mi trovo direttamente coinvolto in una polemica più grande di me. Questa bazzeccola di racconto infatti mi ha promosso al rango di scrittore migrante e valso un invito alla tavola rotonda di scrittori stranieri in programma il 12 maggio all’interno della fiera del libro di Torino. Detto tra parentesi: Spero con tutto il cuore che il livello degli altri scrittori migranti non sia per niente equiparabile al mio.
La polemica, invece, è quella riguardante il boicottaggio della fiera del libro di Torino.
Perché più grande di me? Per la complessità della questione israelo – palestinese.
I boicottattori mi obbligano a schierarmi: o boicotto o non boicotto. O contro Israele o pro Palestina. E lo fanno con modi che non mi piacciono. Troppo folklore. Troppa ideologia. Troppi giovani non più tanto giovani, tutti con la consueta divisa d’ordinanza: barba incolta e Kefiah. Troppi alternativi tutti uguali, tutti fatti con lo stesso stampino.
A prescindere dalle ragioni delle loro battaglie, trovo il loro modo di portarle avanti come costretto in schemi e luoghi stantii. Il loro messaggio non passa più, tanto il loro linguaggio è consunto, è vecchio. Sento il bisogno di nuove forme di dissenso. Di un dissenso che sia più vero e più sentito. Più dalla parte dei deboli e degli oppressi. Meno autoreferenziale. Più idealista e meno politicizzato.
I boicottatori, beati loro hanno le idee chiarissime, parlano del Medio Oriente, di Siria, Iran, La guerra dei sei giorni, Arafat, Road map, di questo e quell’altro dando per scontato che tutti siamo esperti analisti; nella loro logica non esiste il chiaroscuro è tutto chiaro e non c’è altro da fare che schierarsi.
Ora è da quando sono al mondo che sento di israeliani e palestinesi che si scannano, dell’America che appoggia gli israeliani, dei paesi arabi che non aiutano quanto dovrebbero i loro fratelli palestinesi, del mossad e dei terroristi, della madre di tutte le battaglie…sempre ripromettendomi di approndire per cercare di capirci qualcosa di più e sempre rimandando tale momento. E penso come me tanti altri.
Anche se siamo continuamente sollecitati dalla violenza che accompagna queste vicende ad interrogarci su cosa succede da quelle parti, dove sembrano albergare solo sentimenti di odio e di vendetta.
Per chi è confuso come me, per chi non si capacita a come si possa uccidere o morire per qualsivoglia ragione, per chi ha impresso negli occhi le immagini delle madri disperate, di bambini martoriati, le immagini di case distrutte…l’arma spuntata del boicottaggio non convince.
Per chi come me sente sulla sua pelle la tragedia del popolo palestinese, per chi come me ha letto Se questo è un uomo di Primo Levi, è difficile giudicare.
Per questo invidio i boicottatori. Invidio la loro capacità di semplificazione. Invidio la loro cultura. Invidio loro il dono messianico di porre un discrimine netto fra il bene e il male. Invidio loro il coraggio di schierarsi.
Ma nello stesso tempo non voglio che mi si obblighi a scegliere. Io come Bartleby lo scrivano “preferirei di no”; o almeno non qui, non ora.
Rivendico con testardaggine il mio diritto al dubbio.
. Pretendo che mi si dia il tempo e lo spazio per cercare di capire.
Non voglio che si brucino le bandiere. Considero un crimine impedire a degli scrittori di parlare.
Non mi è mai piaciuto l’eccessivo protagonismo dei “difensori”. Concordo con chi dice che è facile fare i froci con il culo degli altri. Le processioni chiassose dei boicottatori non mi aiutano, aumentano solo la mia confusione e relegano a dettaglio insignificante le vere vittime.
Non posso andare daccordo con chi mi impedisce di sfogliare un libro. E non m’importa un accidenti chi questo libro l’abbia scritto.
Alla fiera del libro voglio leggere, ascoltare e voglio farlo in santa pace.

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2 Responses to Boicottare? Preferirei di no

  1. Perfettamente daccordo. Troppi alternativi tutti uguali. Molti parlano sentendosi parte di un mondo che non comprendono appieno, e sentendosene parte ne difendono le ragioni. Mi sembra una sorta di “logica del branco” che delega l’approfondimento indispensabile ad un altro, creando un’orda di ragazzi convinti e ignoranti. E non credo neanche che si possa veramente giudicare la questione palestinese da qua, comodi nelle nostre poltrone, sfogliando e leggiucchiando qualche libruncolo di biblioteca. C’è tutto un fiorire di erudizione che mi lascia disgustato. Chi è convinto e dice di sapere sicuramente non sa, ma è convinto nella sua ignoranza mascherata. Probabilmente tu che dici di non poter giudicare perchè non cogli appieno tutte le sfumature della questione palestinese, comprendi più di chiunque altro ciò che succede in palestina.

  2. LorenzoMan says:

    Bravo Gianluca! Inoltre non c’è cosa più facile che manipolare questa logica del branco e portarla alla ribalta quando andrebbe semplicemente poco più che ignorata.

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