Immigrazione fra carta stampata e nuovi blog

Quel che pensiamo dell’immigrazione e degli immigrati va di pari passo con quel che i giornali scrivono di questi argomenti.

Spesso e volentieri questa scrittura si è distinta ( e ancora si contraddistingue) per approssimazioni grossolane e, quando in male fede, faziosità che finiscono per criminalizzare, a seconda dei fatti di cronaca, ciclicamente, questa o tal altra comunità.

Una dieta mediatica di tal sorta, ricca com’è di clichè, stereotipi ed altri luoghi comuni è certamente controindicata per un organismo sociale – volenti o nolenti – sempre più diversificato in quanto a culture ed etnie.

Ci sono però piccole oasi felici, quasi tutte nel terzo settore, che cercano di arginare queste derive linguistiche con iniziative di sensibilizzazione quali “osservatori”, “codici deontologici”, “prototocolli” e quant’altro nel tentativo di stigmatizzare, se non debellare, l’uso di termini offensivi o razzisti. Meritoria in tal senso l’opera del Cospe che sul sito Media&interculturalità registra prontamente tutto ciò che di nuovo avviene in questo ambito.

Ovviamente non tutta la scritura sui migranti è da biasimare. Nel marmasma della rete ad esempio, accanto a siti e blog che fanno della xenofobia la loro la ragione di vita, ci sono anche testate giornalistiche che cominciano ad ospitare, nelle vesti di opinionisti, dei blog tematici. Fra questi alcuni si occupano eslusivamnete di immigrazione. Questi blogger, a differenza di molti colleghi della carta stampata, parlano di immigrazione con cognizione di causa e si distinguono per un approccio all’insegna del politically correct. Com’è il caso di Alessandra Coppola ( Nuovi Italiani) sul corriere.it o di Federico Faloppa su il fattoquotidiano.it. Non mancano nemmeno blogger migranti essi stessi, che si occupano di immigrazione: Igiaba Scego sulle pagine on line de l’Unità, Ali Baba Faye insieme a Shady Hamadi sul sito de Il Fatto quotidiano. Ed è di questi giorni la nascita di un blog collettivo ( LA CITTA’ NUOVA ), sulla versione on line del Corriere della Sera, dove trovano spazio sia italiani che ragazzi stranieri o di origine straniera che, insieme, provano a portare alla luce la “Milano Interculturale”.

Certamente è cosa buona e giusta che ci siano dei migranti che scrivano di migranti, tuttavia, trovo un che di claustrofobico nel fatto che ogni volta che si da la possibiltà ai migranti di scrivere, questo succede solo a condizione che essi parlino esclusivamente di sè e del loro mondo, cioè esclusivamente di immigrazione. Credo infatti che la libertà d’espressione sia qualcosa di meno monotono di tutte le variazioni sul tema che si possono fare raccontandosi. Ogni tanto uno può anche sentire la necessità di alzare lo sguardo dal proprio ombelico.

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