Pirlo

Pirlo non è mica un pirla. Sicuro che non lo è. Ma quando hai un nome così, un nome che continuamente ti ricorda di quanto beffardo può essere il destino, che basta un niente per piombare nel ridicolo, come ad esempio un semplice cambio di vocale, allora devi stare sempre in guardia. Sei riconoscente dello scampato pericolo e perciò sei anche molto umile. La tua faccia diventa simili a mille altre, uguale a quella dei turnisti e a quelle di chi fa lavori usuranti. Una faccia scolpita dalle avversità. Una faccia perennamente stanca. E sempre vigile. Facce così le ritrovi fra quelle che ogni mattina si svegliano e non sanno ancora come guadagnarsi la pagnotta. Sanno solo che se la devono guadagnare e che non sarà una passeggiata.
Eppure una faccia così Pirlo non dovrebbe averla. Pirlo di soldi ne ha a palate. Ma non importa. Pirlo lo sa che nulla è per sempre, che il destino è beffardo. Questa rocciosa convinzione, secondo me, l’ho già detto, gli deriva dal nome: Pirlo. Perché basta un niente, e Pirlo può diventare pirla. Noi tutti, compreso Pirlo, non possiamo pensare Pirlo senza non pensare contemporaneamente anche pirla. È un nome che ti fa stare in eterno sull’ orlo di un burrone. E allora si diventa dei combattenti. Nulla si da più per scontato. Tutto deve essere calcolato al millimetro. Si comincia a stare in campo come in una scacchiera. I passaggi ai compagni, le traiettorie dei palloni non sono più affidate solo a tecnica e maestria, ma diventano scienza esatta, materia per eruditi, cabala. Tutto è da interpretare. E nulla è come sembra. Basta un attimo di distrazione è Pirlo può divenatre pirla. E questo Pirlo lo sa. E lo sa da tempo immemore. Probabilmente, in qualche imprecisato momento della sua vita ancora intrauterina, deve aver captato un cenno di battuta sul suo nome e subito si è messo a ragionare, a porsi domande che erano molto più grandi della sua la sua età. Fatto sta che da quel momento in poi deve aver sviluppato una sensibilità esagerata, una propensione per il dubbio e per l’astrazione, oppure , come si direbbe oggi, una visione di gioco davvero unica. Pirlo non deve mai diventare pirla, deve essersi detto. E c’è solo un modo: non bisogna mai perdere la concetrazione. Bisogna usare tutte le forze a disposizione, non sprecare nulla.
Quando tale è il tuo destino, il giorno che ti trovi uno sbrufoncello alla porta, e tu devi calciare un rigore, sai già cosa fare. La tua faccia scavata da minatore diventa ancora più scavata, non degni di uno sguardo lo sbrufoncello che hai dinnanzi. Una cosa sola sai in questi momenti: non sarà certo questo pivello di portierone a far di te un pirla. Certo si tratta di un rigore decisivo, importante. Ma quale attimo nella vita di Pirlo non lo è. Ogni suo respiro trasuda rigore. E allora oltre al rigore lui ci mette anche la parsimonia. Niente spreco di energie alla Balotelli. Ma un semplice cucchiaio, per passare alla storia. Il mondo esulta. Ma Pirlo dopo un’attimo di comprensibile esaltazione torna ad essere il Pirlo di sempre, con quella faccia così umile e così scavata. Pirlo sa che il pirla che è in lui è sempre in agguato. Sono pochissimi i campioni che hanno questa profonda consapevolezza. Ed è per questo che molte promesse ben presto si trasformano in semplici pirla.

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