La bastarda di Istanbul

Certi intrecci famigliari, ovvero tutte le parentele che vadano oltre genitori, fratelli e sorelle, zii, nonni, suocere, nuore – già qui comincio ad avere qualche difficoltà – più che intrecci famigliari inestricabili per me sono grumi imprescrutabili. Mi piace ingannarmi raccontandomi che questa mia incapacità ( a raccapezzarmici con le parentele di qualche grado sopra lo zero ) sia in realtà una comune caratteristica del genere maschile. Ad ogni modo, questa è la scusa che mi son dato per non avere perfettamente chiari i vari gradi di parentela che legano fra di loro i protagonisti del romanzo di Elif Shafak “La bastarda di Istanbul”.

La bastarda di Istanbul è il classico romanzo per donne. Come tutti i romanzi. Solo se si è donne infatti si è in grado, oltre a capire chi è nonno di chi e chi è nipote di chi, di decifrare e poi di raccontare la sapiente trama che lega gli eventi che accadono fra presente passato e futuro. E magari a volte farlo con l’ausilio dei fondi di caffè. Leggere presagi nella pioggia e nel vento. Bisogna essere donne per distinguere fra le varie spezie, vedere nella bigiotteria qualcosa che va oltre dei pezzi di pietra. Bisogna essere donne per servire la verità in un banchetto che dura un intero romanzo, e somministrarla in più portate, di cui l’ultima ha un marcato sapore di mandorle. Bisogna essere mani di donne per passare le dita fra i chicchi di riso e, nel setacciarli, pensare alle piante che sono stati, al sole che portano dentro, alla terra che li ha cresciuti. Bisogna essere donne per vedere rubini nei chicchi di melograno. Bisogna essere donne per cogliere tutto il dolore, se dolore vi è, e la bellezza se bellezza vi è, nelle vicissitudini che fanno sbocciare dagli innesti fra culture diverse creature come Armanoush. Chi è Armanousch? Per saperlo dovete leggere il romanzo di Elif Shafak. Perché solo una donna può raccontarvi chi è Armanoush. Solo una donna può dirvi chi è Zeliha, chi è Mustapha e chi è Rose. Solo una donna o un gatto può raccontarvi cos’è Istanbul. Ma i gatti, si sa, dei segreti fanno mistero e di questo il loro fascino. Invece le donne, certe donne, come zia Banu, le cose le sanno perché parlano con i ginn. E sapere certe cose non è mica sempre un privilegio. Anzi a volte è un fardello insostenibile. Sarà per questo che nel romanzo della Elif i maschi sono presenze accidentali e rarefatte; destinati a fine prematura. Noi maschi abbiamo un limite: non siamo donne. Tanto vale farcene una ragione e magari farci crescere un bel paio di baffi e trastullarcisi.

Io ho voluto fare lo sforzo, immane per un maschietto, di leggere un romanzo di tal sorta. E per un po’, La bastarda di Istanbul, mi ha riportato ai tempi in cui non ero nato; ai tempi in cui ero nel liquido amniotico. Poi mi ha portato nel futuro. Mi ha riportato a quand’ero, o a quando sarò, donna. Mi ha fatto incontrare la mia parte femminile. E quel poco che ho capito di questo romanzo, soprattutto per quanto riguarda gli intrecci della parentela, è sicuramente dovuto alla donna che è in me. A dirla tutta, visto i risultati, anche questa parte di me è piuttosto androgina.

È chiaro che questa non è una recensione. Cos’è? È un tentativo di fermare l’impressione di quel grumo di sensazioni che mi ha suscitato il romanzo. Questo grumo di sensazioni credo sia qualcosa di molto femminile. Qualcosa che noi maschietti siamo così poco abituati a frequentare in noi. Ecco, credo che una funzione dei tanto virilmente bistrattati romanzi possa essere questa: imparare a convivere meglio con le donne. Tentare questo apprendistato proprio con Elif Shafak è stato un colpo di fortuna: è così brava da essere pura voce. Quando scrivono i maschietti sono invece così ingombranti: più che raccontarci storie sono interessati solo a farsi notare mentre tentano di raccontare storie.

Shahrazad raccontava per salvarsi. E si è salvata a suon di frottole dando il via al genere letteratura d’ intrattenimento. Invece i romanzi, che non a caso sono roba da donne, è roba complessa, evoluta. Qualcosa che noi maschietti cresciuti sorbendosi le frottole delle mille e una notte non siamo in grado neanche di concepire.
Qui o ci diamo da fare a recuperare il tempo perduto o le difficoltà di comprensione fra i generi continueranno ad aggravarsi. Allora, un buon metodo per recuperare potrebbe essere obbligare, sin dalla tenera età, tutti i maschietti a leggere e commentare Liala. Perchè ho come l’impressione che quando le donne parlano ad altre donne, e non al potenziale Shahryar di turno, svelino cose di sè e di noi altrimenti inaccessibili.

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One Response to La bastarda di Istanbul

  1. laura says:

    bello, questo tuo commento al libro che è molto meglio di una recensione, mi è piaciuto molto. Sono Laura, la “voce” italiana di Elif Shafak per “La bastarda di Istanbul”.

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