La grandezza della lingua è seconda solo ai gesti, e ieri pomeriggio, 29 agosto, con inizio alle 18.30, non ci sono stati terzi incomodi quando Elena e Malih si sono seduti sul divano della Casa delle Culture per illustrare il lavoro dello scrittore marocchino senigalliese, che si è ritrovato sulle spalle un nome ad hoc per vivere dove? Ma lih.
Malih è blogger, giornalista, scrittore. Io l’ho conosciuto 7 anni fa durante le lotte condotte da Rete Migranti e associazioni e sindacati per la regolarizzazione nella concessione dei permessi di soggiorno e dei ricongiungimenti familiari nelle Marche. Ed è proprio questa sua evoluzione a scrittore, professione pensata impensata per un extracomunitario, a rendere interessante un incontro con lui. Numerosi sono stati gli insegnanti, gli studenti universitari ed i cittadini desiderosi di alfabetizzarsi ad intervenire, seduti sulle seggiole della struttura pubblica e ripubblicizzata, in una delle tante finestre aperte da Adriatico Mediterraneo.
Loro no, erano seduti sul divano, prendendo esempio da uno dei racconti scritti da Malih, presente nella raccolta Lo sguardo degli altri(Michele Di Salvo Editore), che consiglio caldamente per una panoramica su numerose nazionalità che scrivono in italiano. Divano è il luogo di chi non ha casa, non medita bene sul letto, di chi lo occupa quando va a trovare gli altri. Insomma, una scelta di vita di intrattenimento, posporre ed insieme prendere tempo per affrontare. Una provocazione, perchè quando è stato preso come libro di lettura in un istituto superiore di Senigallia, dopo che gli alunni hanno scoperto l’origine araba delle parole divano, ottomana e camallo, la signora preside si è ben guardata dal concedercelo nella scuola per quella che è stata la giornata finale del progetto “La finestra accanto”. Non sapeva cosa perdeva.
Camallo, lo scaricatore di porto in genovese, deriva dall’arabo. Kamal è l’alter ego di Mohamed, nell’edizione completa del libro chiamato ‘Il divano non è un luogo comune’. Kamal ironizza lievemente sui luoghi comuni attraverso i quali viene descritta l’immigrazione, Mohamed usa meglio di lui l’Italiano, e Malih firma. Attraversiamo assieme i quartieri ad “alta concentrazione di migranti” (ad Ancona i ricchi stanno al Rio’ della Fettina, questo sarà del Kebab o del Cuscus?), dove i partiti politici si concentrano anche loro nell’attaccare i migranti o nel difenderli, ma solo lì. “Voi italiani lavorate nell’assistenza sociale grazie a noi, visto che vi concentrate sui nostri bambini e sui nostri vecchi; e poi come potete riuscire a riadattare alla norma delle persone quando ci avete certe facce da disadattati voi?”. Al di là delle etichette; e per disetichettare del tutto Kamal prende in giro i suoi conterranei che, col sesso spalmato sul caffè al mattino al bar, pensavano come altri stranieri che in Italia le ragazze fossero disinibite praticanti dell’amore libero annunciato negli anni 70 da Wilelm Reich(La rivoluzione sessuale). Ci siamo tolti anche questo sassolino, direi macigno per tutti noi maschi.
Elena si muove a suo agio, si è informata a puntino ed ha gradito l’opera: come andrebbe fatto. Mentre parliamo fuori, prima di iniziare, commentiamo l’ultima, in ordine di tempo, ondata di persone disperate che tentano di allontanarsi da dittature e guerre( Egitto, Siria, Kurdistan) e con Belbaji Mohamed, operaio in Italia da 6 anni ed attivista antirazzista anche lui, ricordiamo il nostro impegno per rendere giustizia ai profughi dal Darfur, dalla Libia, dal Corno d’Africa che negli ultimi anni sono stati ospitati anche nelle Marche. Contatti umani, ragionamenti fatti fra persone che non hanno una lingua in comune (ricordate i giochi fra bambini, quando dovevamo essere ancora alfabetizzati?) per avere assistenza medica o psicologica o nutrizionale. Una promessa, parlando fra di noi, che nella prossima “Emergenza” ci sia più coordinamento e meno emergenza. Il lavoro collettivo ci ha maturati, ed è la stessa cosa che penso ascoltando le domande ed i pensieri ad alta voce che rimbalzano dalle voci dei presenti, nella stanza fino alle 20, ora in cui dobbiamo fare posto a danzatori e suonatori che preparano il seguente appuntamento.
Ci risentiremo? Certamente, con aggregazioni nuove e vecchie, perchè di istruzione ed alfabetizzazione non si invecchia. Grazie, CC, grazie, AD MED.
Marcello Pesarini
(Rete Migranti Diritti Ora!)