Ho un’immagine, a proposito dei tanti naufraghi di questi giorni, che credo mi accompagnerà ancora a lungo, riaffiorando ogni volta che leggerò, scriverò o sentirò parlare di immigrati. L’immagine è quella di un cordone ombelicale che fluttua in qualche profondità acquosa del mare di Sicilia.
È questa l’immagine che la mia mente ha scelto di serbare dai tanti racconti succedutesi questi giorni e che parlano dei recuperi dei cadaveri causati dei naufragi di ottobre alle porte di Lampedusa. Fra i tanti morti senza nome e senza storia, si è data anche la notizia del recupero di una mamma e del suo neonato ancora legati dal cordone ombelicale. Penso a quella piccola creatura che è passata direttamente dal liquido amniotico all’acqua del mare. Penso a quella mamma, alla vita e alla morte che diventano un tutt’uno con l’acqua. Penso che non è ancora finita la conta dei corpi da recuperare e già si ha notizia di un altro naufragio. Ma son tutti pensieri subacquei, senza audio e con l’immagine del cordone ombelicale che continua a fluttuare. Quest’immagine in qualche modo che non so spiegarmi mi rasserena. Sarà che il cordone ombelicale è un potente simbolo di vita, a cui la mia mente si aggrappa per non vedere in quel lembo di mare che separa l’africa dall’Europa solo un cimitero. Non un cimitero quindi ma un cordone ombelicale, che lega la tragedia alla speranza.
Accanto a quest’immagine, un solo suono, di tanto in tanto, riecheggia minaccioso. Ed è il suono che formano questi due nomi messi assieme: Bossi-Fini. È una questione d’istinto. Si possono fare tutti i distinguo del caso ma così come visceralmente l’immagine del cordone ombelicale mi rasserena, il suono “Bossi-Fini” mi incupisce, mi preoccupa, lo lego alla sorte dei morti naufragati. Che poi se ci penso, non è un semplice suono: Bossi e Fini. Sono i nomi di due politici in carne ed ossa. E saranno per sempre, al di à delle effettive responsabilità, legati indissolubilmente a queste tragedie del mare.
Quando in televisione o sui giornali vedo chi ancora si ostina a difendere le ragioni della Bossi-Fini non solo penso a come sia forte l’istinto alla vita, ma anche alla potenza dell’istinto di morte. C’è vita che dall’Africa e da altri posti del mondo cerca vita ed è obbligata a transitare dal canale di Sicilia. C’è chi per quanto è possibile aiuta questa vita a non morire. E c’è chi è completamente indifferente se non ostile. La mia povera mente ha riassunto tutto ciò con, da una parte, l’immagine del cordone ombelicale che mi rasserena, e dall’altra, col suono sinistro che fanno messi insieme i nomi Bossi – Fini. La mia mente, lo confesso, non è granché come regista. Di tutta questa storia di morti annegati ha tratto un pessimo film. Nei film dozzinali però i buoni hanno sempre la meglio sui Bossi-Fini. Vedremo come andrà a finire. Intanto si continua a morire nel canale di Sicilia. E all’orizzonte non si intravede la scritta The End.
( questo è il primo post della mia rubrica Ex-Stra su escamontage)