Quando la Storia si fa al Bar Sport Islamofobo.

Quando la Storia si fa al Bar Sport Islamofobo.
Da Ritvan Shehi

Premessa
Su un blog senigalliese ( http://scaloni.it/popinga/la-malattia-dell%e2%80%99islam/#more-2554 ) un certo Paolo Mantellini polemizza con le tesi sostenute nel libro di Abdelwahab Meddeb “La malattia dell’Islam”( Bollati Boringhieri, 2003).
Dopo aver definito il suddetto libro “libretto” Mantellini ci informa che “Abdelwahab Meddeb è di origine tunisina, ma si è formato in Francia, dove ha studiato e dove risiede. E’ Professore di Letteratura Comparata all’Università di Parigi X, dirige la rivista “Dédale”, è poeta e romanziere, oltre ad occuparsi di trasmissioni televisive e radiofoniche sulla cultura islamica.”. Per par condicio, va detto che Paolo Mantellini è un medico italiano in pensione e non mi risultano suoi contributi di livello accademico o radiotelevisivo sulla cultura islamica o sulla cultura in generale. Anch’io sono un dilettante in fatto di culture, civiltà e relativa Storia, pertanto da dilettante a dilettante mi permetto di fare qui qualche breve appunto a una delle più sbalorditive “scoperte” storiche degli ultimi tempi contenuta nel suddetto pamphlet mantelliniano (dico “qui” e non – come sarebbe stato preferibile – nello spazio riservato ai commenti del suddetto blog, poiché i gestori di quel blog non me lo consentono).

La “scoperta storica”(??!!) del secolo
Scrive fra l’altro Mantellini (grassetto mio-ndr.):
Meddeb ci racconta ancora che la civiltà islamica era molto superiore ed avanzata rispetto a quella Europea, anzi quella Europea ha attinto a piene mani alle ricchezze scientifiche e culturali dell’islàm, riuscendo così a recuperare il tempo perduto, fino a quando una serie di rovesci militari e sociali (crociate, invasione mongola, pagina 71) ed evenienze fortuite (il passaggio dei monopoli di oro, ferro e legno dall’Oriente in Europa) “precipitano il transfert monetario dall’islàm all’Europa. Così l’islàm perde il controllo del commercio internazionale, che non ritroverà mai più” (pagina 72). Si aggiunga la scoperta dell’America e l’apertura di nuove vie commerciali e si spiega il declino dell’islàm che però nel XIX secolo tenta eroicamente di reagire e recuperare il gap tecnologico-culturale che lo separava dal mondo occidentale. Purtroppo questi tentativi furono una serie di clamorosi fiaschi. Perché? Ovviamente furono causati dagli ostacoli posti dagli Europei alla rinascita islamica! Non ci credete? Ecco la prova: la rinascita Giapponese dell’era Meiji, iniziata nel 1868 ebbe successo perché il Giappone era lontano e i cattivi Europei non se ne erano accorti! Ma nel Mediterraneo, gli eroici sforzi dell’islàm, erano destinati a fallire per la chiara e interessata ostilità delle potenze coloniali Europee. A nessuno viene in mente che la vera differenza tra Impero Giapponese e Impero Ottomano era l’islàm?”
Alcune domande
A questo punto, la domanda finale di Mantellini fa nascere una serie di altre domande:
1. In base a quale criterio lui definisce “vera” solo la differenza religiosa fra Impero Giapponese e Impero Ottomano? Oppure questa è una “Verità Rivelata” solo a lui?
2. Prendendo come modello il suddetto strabiliante criterio mantelliniano, possiamo allegramente concludere che la mancata analoga rinascita dell’Impero cinese fosse dovuta al fatto che i cinesi, accanto al buddismo (come i giapponesi) praticavano confucianesimo e taoismo, invece dello shintoismo giapponese?
3. Sempre in ossequiosa osservanza del suddetto principio, la decadenza spagnola nello stesso periodo va forse imputata al cattolicesimo, ovvero che se gli spagnoli fossero stati buddisti&shintoisti la Spagna sarebbe ridiventata nel 19° secolo la grande potenza che fu nei secoli precedenti?
4. Il fatto che a nessuno storico serio del mondo sia venuta in mente la suddetta “differenza mantelliniana” per spiegare le differenti sorti di Giappone e Impero Ottomano nel 19° secolo , non dovrebbe forse far riflettere il nostro medico incautamente prestatosi alla storia sulla non remota possibilità – ovviamente escludendo a priori l’ipotesi che tutti gli storici seri del mondo siano degli imbecilli o al soldo del mullah Omar – che la sua non sia quella Geniale Idea destinata a revisionare parte della Storia Umana, bensì una castroneria islamofoba, degna tutto al più di figurare nelle pagine de “La Padania”?

Come stanno veramente le cose
Ovviamente Meddeb non ha scoperto nulla di nuovo, semmai ha solo enfatizzato un po’ quello che si sa da sempre. La storiografia OCCIDENTALE – quella seria, non quella fatta da dilettanti del Bar Sport col pallino dell’islamofobia – ha sempre considerato – in base a fatti, documenti e altri strumenti propri della scienza storiografica e non a fantasmagoriche ubbie – l’ingerenza delle grandi potenze europee una delle cause principali – anche se non l’unica – del mancato successo delle riforme modernizzatici intraprese dall’Impero Ottomano nel 19° secolo. Solo un paio di esempi:
“…dopo il 1800…il corso degli eventi nel Medio Oriente è stato profondamente influenzato, e in tempi di crisi dominato da interessi, ambizioni e azioni delle Grandi Potenze europee.“ (Bernard Lewis “The Middle East: A Brief History of the Last 2,000 Years” -1996).
“L’ultimo secolo di esistenza dell’impero ottomano fu anzitutto caratterizzato da uno stile nuovo di riforma, distruggendo vecchie istituzioni e sostituendole con nuove a volte importate dall’Occidente, ponendo fine alle antiche autonomie della struttura tradizionale ottomana e rimpiazzandole con un governo e una burocrazia fortemente centralizzati, molto più autocratici di qualsiasi altra cosa fosse scaturita dai grandi sultani del passato. Nello stesso tempo, però, l’impero divenne vittima dell’imperialismo delle grandi potenze occidentali e del nazionalismo dei popoli suoi sudditi…”(Da “La Storia” Enciclopedia Storica UTET, vol. 11, introduzione al capitolo XIV “L’impero ottomano il “grande malato” “)
Non è facile fare riforme quando i cosacchi dello Zar di tutte le Russie un giorno sì e l’altro pure ti bussano alla frontiera (Mantellini avrà sentito parlare della guerra di Crimea?) mentre le altre Potenze europee si comportano in modo alterno, a volte – come nelle suddetta guerra di Crimea – cercando di impedire il collasso dell’Impero Ottomano,( ma solo perché la Russia non ne potesse trarre profitti territoriali, specie l’agognato sbocco nel Mediterraneo) e più spesso cercando di conservare lo status quo, ovvero prolungare “l’agonia” dell’impero – ovviamente osteggiando in tutti i modi una eventuale rinascita – finché non arrivassero tempi più propizi per poter strappare a loro volta sostanziosi “brandelli di carne” dall’impero in agonia.
Come già detto, trovarsi geopoliticamente fra il martello russo e l’incudine delle altre grandi potenze europee non era l’unico fattore facente la differenza fra impero ottomano e impero giapponese in quanto a successo/insuccesso nelle riforme modernizzatici. Nell’immancabile scontro fra i “conservatori” – che avevano da perdere rendite di posizione a causa di eventuali riforme – e i “riformisti” questi ultimi in Giappone erano avvantaggiati: il Giappone era un Paese etnicamente, culturalmente e linguisticamente assai omogeneo, mentre l’impero ottomano era un vero e proprio mosaico etnico-linguistico-culturale (oltre che religioso, naturalmente). La nascita dei sentimenti nazionali nel resto d’Europa non poteva non contagiare anche le diverse etnie facenti parte dell’impero ottomano, a prescindere dalla loro religione, etnie che, pertanto, vedevano nelle riforme centralizzanti/modernizzanti dell’impero un serio ostacolo alle proprie rivendicazioni nazionali, rendendole così un formidabile “alleato” degli avversari delle riforme. Sorvolando sulle insurrezioni di greci, bulgari, serbi, e altri cristiani, decisi di “mettersi in proprio” perché, appunto, greci, bulgari, serbi, ecc. prima che cristiani, parlo degli albanesi: conosco abbastanza la Storia del mio Paese, l’Albania, per affermare che in quella zona all’inizio del 19° secolo i più seri problemi alle riforme le crearono le aspirazioni – per carità, sacrosante, ma non è questo il punto – autonomiste/indipendentiste di notabili albanesi, anche se musulmani come il Sultano, a cominciare da Ali Tepelena, pascià di Janina (appoggiato- tanto per cambiare – dai francesi) al sud e Kara Mustafa Bushatlliu al nord per proseguire poi con le insurrezioni contro le riforme del Tanzimat, sempre capeggiate da notabili, musulmani sì, ma prima di tutto albanesi. Aggiungi a tutto quanto sopra la “sfortuna” di non aver avuto nel corso del 19° secolo un monarca avente quelle doti di statista che a volte la Storia mette a disposizione di certi progetti ambiziosi e allora si avrà il quadro abbastanza completo del perché l’impero ottomano non ebbe la sorte di quello giapponese. Con buona pace dei vaneggiamenti sulle “vere differenze” fra islam e shintoismo.

Ritvan Shehi

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9 Responses to Quando la Storia si fa al Bar Sport Islamofobo.

  1. Ritvan Shehi says:

    Non per autocelebrarmi:-) ma incollo qui un commento al mio articoletto (che avevo linkato in un altro blog ):

    “Per Ritvan #31…..Concordo con le tue tesi. Ti porto un ulteriore argomento a favore: l’Abissinia di Menelik. Sia Menelik sia Hailè Selassiè nei primi anni del suo regno introdussero una serie di riforme sull’esempio dei Meiji giapponesi (ad esempio quella giudiziaria) e autorizzarono la costruzione di una ferrovia fra Addis Abeba e la francese Gibuti. Cio’ non risollevo’ l’Etiopia dal sottosviluppo, Non pero’ per colpa dell’Islam (gli Etiopici sono cristiani) ma per colpa sia delle incessanti divisioni tribali ed etniche interne (fra amhara, galla, etc.) sia delle pressioni coloniali esterne. Di queste, una era l’espansionismo italiano (violento ma episodico). L’altra il ricatto inglese che consentiva l’indipendenza etiopica purchè Addis Abeba non si azzardasse a mettere dighe sul Nilo Bianco a scapito del Sudan inglese, con la conseguente condanna di mezza Etiopia a una siccità semipermanente.
    Ciao! Andrea Di Vita”

    P.S. Andrea Di Vita è uno degli uomini più colti ed eruditi che io abbia mai incontrato (di persona o nel web): polemizziamo spesso e volentieri, visto che lui è di sinistra e io no, ma sempre con rispetto reciproco…e a volte – come in questo caso – concordiamo pure:-)

  2. Ritvan Shehi says:

    PS2 Dimenticavo, il commento originale di Andrea Di Vita (commento n.51) lo si può trovare qui:
    http://wwwnew.splinder.com/myblog/comment/list/22620191

  3. Intervengo solo per chiarire la questione “estromissione” del sig. Shehi dal blog Popinga.

    Il sedicente Ritvan Shehi è stato per anni un commentatore assiduo di Popinga, su cui ha scritto centinaia di commenti, ancora visibili come quelli degli altri.
    E’ successo poi che lui e un paio di altri commentatori anonimi hanno iniziato a scambiarsi reciprocamente pesanti insulti e offese di ogni tipo. Non era mai accaduto da quando ho aperto il blog Popinga.

    Abbiamo pazientato qualche giorno, dopodiché li abbiamo avvisati che se avessero continuato avremmo cancellato i commenti offensivi (nota bene: solo quelli, non gli altri non offensivi). Risultato: nessuno, i suddetti commentatori (anonimi) hanno continuato allegramente con gli insulti; l’area dei commenti stavano diventando un letamaio.

    Quindi sono arrivato ad un ultimatum: basta con il turpiloquio altrimenti sarebbero stati banditi permanentemente. Nemmeno l’ultimatum è bastato.
    Visto che non volevamo che il nostro il blog diventasse “tele-bestemmia”, e visto anche che non abbiamo ne la voglia ne il tempo di moderare i numerosi commenti che ogni giorno vengono postati, abbiamo deciso di considerare il suddetto Ritvan Shehi come fonte di “spam”.

    Dunque, spero ne converrai, Malih, nessuna censura ma solo autodifesa.
    Cordialmente
    Marco Scaloni

  4. Ritvan Shehi says:

    Il sedicente- detto per pav condicio, visto che neanch’io ho avuto il privilegio di prendere con lui un caffè in un bar di Senigallia-Marco Scaloni (a cui potrei fornire a sua richiesta – come gli ho già scritto – copia del mio documento d’identità a nome Ritvan Shehi) fa una ricostruzione FALSA PER OMISSIONE della vicenda che ha portato alla mia “epurazione” dal suo blog.
    Il suddetto Scaloni “dimentica” di dire che nei “centinaia di commenti” miei sul suo blog – nella stragrande maggioranza imperniati in polemica con le castronerie islamofobe del suo amico degli amici Mantellini largamente pubblicizzate su quel blog- non ho ricorso al turpiloquio. “Dimentica” anche di dire che lui ha permesso l’ingresso nei commenti al solito post islamofobo targato Mantellini di due (o uno “sdoppiato”, ma chissenefraga) loschi individui che si nascondevano vigliaccamente sotto i nick “Ali Baba” e “Terminapirla”. I due(?) troglioni (troll+coglioni), veri e propri infami vermi razzisti non portavano alcun contributo di idee a commento del post, bensì si esibivano solo in attacchi deliranti, infamanti e personali nei confronti del sottoscritto, nonché di un avvocato albanese di Roma, cosa che avevano fatto – ovviamente, da soliti vigliacchi, sotto altri nick-anche in altri blog da me frequentati. Visto che il moooolto democratico, nonché anticensorio Scaloni permetteva allegramente la pubblicazione di tale genere di immondizia, invece di cestinarla come contraria alla netiquette, mi son dovuto fare giustizia da solo e ho reso pan per focaccia agli immondi vermi troglioni razzistoidi.
    Il nostro “sedicente” Scaloni si “dimentica” anche di dire che ben prima dei suoi “ultimatum” io gli avevo consigliato – il mio commento 91, sta sempre lì – di rimandare i sudetti troglioni nella fogna da cui provenivano:

    http://scaloni.it/popinga/sul-dialogo-inter-religioso-con-i-musulmani/
    91. Ritvan Shehi (21 gennaio 2010, 5:06 pm)
    “….Permettimi di reiterare il consiglio. Cancellate tutti i commenti pregressi del fake troglione razzistoide (e, ovviamente, anche le mie dovute risposte) e in futuro spedite direttamente i suoi escrementizi deliri – che, tra l’altro, nulla hanno a che fare con l’argomento del post -nella fogna da cui provengono e tirate lo sciacquone…”

    Ma si vede che ciò non conveniva all’amico degli amici di Mantellini…….

  5. La risposta dell’islamofobo del bar Sport al Dr. Ritvan Shehi

    Il Dottor Shehi mi critica per aver usato il termine “libretto” (192 pagine) per definire l’opera di Meddeb. Non ho problemi a definirlo volume, tomo o più semplicemente libro se questo gli fa piacere. Resta il fatto che un libro di 192 pagine può essere definito “libretto” senza che il termine debba essere considerato offensivo (a meno che il lettore sia prevenuto, vero Shehi?)

    Continua negandomi il diritto di esprimere le mie valutazioni dopo la lettura del “libretto” di Meddeb, perché a suo dire non sono abbastanza esperto, poiché non insegno letteratura comparata, nè ho collaborato a produzioni televisive sulla cultura araba e islamica. Pertanto mi definisce un dilettante “islamofobo” che per questo motivo ha inanellato una sequela di errori (o falsità?) che elenca in dettaglio.

    Essendo un semplice dilettante, non risponderò personalmente (non essendone all’altezza secondo il Dottor Shehi), ma citando quasi esclusivamente lo stesso autore che il Dr. Shehi considera, come me del resto, così degno di fiducia, il celebre arabista Ebreo Bernard Lewis.

    1) In Occidente la religione è soprattutto un sistema di fede e di culto separato … rispetto alla collocazione nazionale e polìtica; ma per i musulmani significa molto di più. L’islàm è una civiltà.
    Bernard Lewis, La costruzione del Medio Oriente, Laterza, 2006, pag. 27

    In una intervista al Jerusalem Post del 6 Marzo 2008, a proposito di alcune confusioni possibili quando si parla di islàm, approfondisce il concetto precedente, spiegando che la differenza terminologica tra Cristianesimo e Cristianità non si può applicare all’islàm. Lui aveva proposto il termine “islamdom” analogo al termine “christendom”, ma senza successo. Pertanto parlando di cristianesimo e cristianità si evitano malintesi, ma parlando di islàm la confusione tra “religione” e “sistema religioso-legale-sociale-politico” è sempre possibile. Pertanto, consiglia di specificare bene di cosa si parla. E io, nel mio pezzo, intendevo l’islàm come lo intende la società islamica e come specificato dallo stesso Lewis nella citazione 1) cioè come “civiltà islamica”.

    Devo qui anche spiegare la mia affermazione che “la vera differenza tra Impero Giapponese e Impero Ottomano era l’islàm”. (da notare che ho scritto islàm, non religione islamica, e Lewis conferma che l’islàm per i musulmani è molto di più di una religione, l’islàm è una civiltà). Me la sarei potuta cavare dicendo “una importante differenza da prendere in considerazione potrebbe essere”, ma non l’ho fatto. Ed ecco perché. Sia l’Impero Giapponese che quello Ottomano si trovarono in situazione di debolezza e arretratezza di fronte al mondo occidentale, in quanto il loro sistema feudale, praticamente immodificato da secoli, non poteva competere con l’occidente. Entrambi avevano una religione che era anche un sistema politico (come specificato da Lewis al punto 1): Shinto e islàm. Entrambi sentirono la necessità della modernizzazione e, per ottenerla, cercarono di copiare l’occidente, proprio per poter competere con esso e, magari, batterlo. In questo processo gli Ottomani erano molto avvantaggiati, avevano avuto rapporti non solo bellici, ma anche commerciali e diplomatici con l’occidente per qualche secolo, avevano numerose minoranze di cristiani e di Ebrei da cui attingere spunti per creare, magari insieme a loro, la modernizzazione, mentre il Giappone non aveva tutto questo. Il Giappone, però, ebbe fin troppo successo, tanto che fu obbligato ad abbandonare lo shinto dopo Nagasaki e Hiroshima, mentre l’islàm fallì e da allora continuò a fallire, tanto che Meddeb sentì la necessità di scrivere il suo libretto, intitolato “La malattia dell’islàm”. Ma, da dilettante ignorante islamofobo da bar Sport ho parlato fin troppo, meglio far parlare Lewis:

    Bernard Lewis, Gli arabi nella storia, Laterza, 2008

    2) …
    La concezione atomistica della vita ha trovato la sua completa espressione in certi sistemi di teologia dogmatica, che finirono con l’essere accettati, in un modo o nell’altro, dalla comunità islamica nel suo complesso, segnando la vittoria finale della reazione contro il più libero spirito di speculazione e di indagine che aveva prodotto risultati tanto splendidi. Questa teologia è determinista, occasionalista e autoritaria, richiede l’accettazione incondizionata della Legge e della rivelazione divina bila kayf – senza chiedere come. Nega ogni causa secondaria, preferisce considerare Dio stesso l’Autore, piuttosto che la Prima causa. Non ci sono conseguenze necessarie, ne leggi o cause naturali. La mancanza di cibo non causa necessariamente la fame, ma di solito semplicemente l’accompagna. Tutto procede direttamente dalla volontà di Dio, che ha stabilito certe abitudini di susseguenza o concomitanza. Ogni evento in ogni atomo di tempo è il risultato di un atto di creazione diretto e individuale.

    Questo rifiuto finale e calcolato di ogni causalità, una volta accettato universalmente, segnò la fine della speculazione e della ricerca libera, sia nella filosofia che nelle scienze naturali, e frustrò i promettenti sviluppi della storiografia araba. Si adattava bene alle esigenze di una società islamica nella quale la vita sociale ed economica più libera di un’epoca di grande prosperità commerciale stava cedendo il passo a un ordinamento quasi feudale che nel corso dei secoli cambiò molto poco. Il vecchio conflitto tra concezioni diverse continuò a covare sotto la cenere, ma questa nuova versione dell’Islam non fu sfidata seriamente per un migliaio di anni, fino a quando I’impatto con l’Occidente nel XIX e XX secolo non minacciò l’intera struttura tradizionale della società islamica e i modi di pensare che ne costituivano la controparte intellettuale.

    pagina 151-152

    3) Nell’XI secolo il mondo dell’Islam cominciava già a mostrare molti segni di debolezza, che si possono individuate prima di tutto nella disintegrazione politica comportante Ia perdita di potere del governo centrale nelle province più lontane e poi ovunque, …
    pagina 153

    4) La letteratura geografica e storica degli arabi medievali riflette la loro totale mancanza di interesse verso l’Europa occidentale, considerata come le tenebre esterne della barbarie da cui l’assolato mondo islamico aveva poco da temere e ancora meno da imparare.
    pagina 175

    5) I sultani ottomani proibirono per molto tempo la stampa…
    pagina 182

    6) La prima tipografia musulmana del mondo arabo fu quella di Muhammad Ali in Egitto. Dal 1822, quando fu fondata, e il 1842 stampò 243 libri…
    pagina 183

    7) Questa occidentalizzazione della vita pubblica era in larga misura esteriore e superficiale…Il depositario finale del potere politico era sempre la vecchia classe dominante: i militari, i burocrati, la gerarchia religiosa e i latifondisti…
    pagina 185

    8) Le istituzioni e gli atteggiamenti sociali ereditati dal passato e mantenuti con rigidità sempre maggiore, resero difficile l’adattamento alle circostanze in evoluzione o la creazione di nuove istituzioni politiche o economiche che avrebbero facilitato tale adattamento.
    L’atteggiamento verso i non credenti, che variava dalla condiscendenza nei tempi migliori all’ostilità e alla diffidenza in quelli peggiori, impedì agli arabi di imparare qualcosa da loro, e addirittura di comprenderli, in un momento in cui era l’Occidente, e non, come in passato, il mondo islamico, ad avere qualcosa da insegnare…
    pagina 197

    9) L’importante novità è che la scelta adesso tocca a loro.
    Riga conclusiva, pagina 200

    “Questo rifiuto finale e calcolato di ogni causalità”, questo oscurantismo islamico è insito nella “civiltà islamica” tradizionale ed è causa del fallimento di ogni modernizzazione. Si deve abbandonare questo tipo superato di “civiltà islamica” e “laicizzarla”, come ha tentato di fare Kemal Ataturk per modernizzare la Turchia, pena nuovi fallimenti. Questa è la mia impressione, tratta dalla lettura di Lewis: sbaglio?

    Se pure anche queste citazioni, non dovessero essere sufficienti, consiglio vivamente di leggere per intero il libro citato. Lewis è stato molto prolifico e ci sono molti altri “libretti” (in genere meno di 200 pagine), in cui sviluppa più a fondo temi specifici (di cui segnalo: ”Il suicidio dell’islàm: in che cosa ha sbagliato la civiltà mediorientale”, Mondadori, 2002 e “La crisi dell’islàm: le radici dell’odio verso l’occidente”, Mondadori, 2004), che sono però già trattati più succintamente in “Gli arabi nella storia” che è un’opera complessiva, partendo dall’Arabia pre-islamica e arrivando fino ai giorni nostri. A proposito di questo tema (l’handicap che l’islàm ha costituito per il progresso del mondo musulmano) un altro autore molto apprezzato dal Dr. Shehi è il Prof. Rodney Stark, di cui è stato recentemente pubblicato in Italiano l’ultimo “libro” (363 pagine): Gli Eserciti di Dio: le vere ragioni delle Crociate, che consiglio vivamente, sperando che la reazione non sia la seguente: se è consigliato “dall’islamofobo del bar Sport” non vale la pena leggerlo! Ma vi posso assicurare che il Dr. Shehi è un suo convinto estimatore, quindi leggetelo pure con fiducia.

    Rimane il fatto che in un libro di 192 pagine, intitolato “La Malattia dell’islàm”, le cure che, secondo Meddeb, l’islam dovrebbe applicare a sé stesso per guarire da questa grave malattia prendono poco più di mezza facciata! Avendola letta, a me pare una cura un po’ troppo leggera, inefficace (e corta!) per una malattia tanto grave. Ma forse il Dr. Shehi non crede che l’islàm sia malato, come sostiene Meddeb!

    Paolo Mantellini

  6. Malih says:

    @Scaloni.

    convengo. il blog non è cosa pubblica, e ognuno si regola come meglio crede. anche a me gli insulti, lo sproloquio e compagnia bella, danno fastidio. Ho pubblicato il post di Ritvan Shehi perchè mi sembrava una replica argomentata alla recensione del Prof. Mantellini.
    Spero che non si scada anche su queste pagine nelle offese gratuite …sia Ritvan che mantellini sono persone intelligenti e spero vogliano mettere a servizio di noi tutti la loro erudizione senza gli eccessi a cui spesso ( Mantellini, quando ci si mette, è un provocatore coi fiocchi)si lasciano andare

  7. Ritvan Shehi says:

    Caro Malih, potevi anche ricordare al “sedicente” Scaloni quello che scriveva a suo tempo “bucaniere”, uno di cui il suddetto Scaloni tesse le lodi – meritate, anche a mio avviso -nel suo blog:
    http://scaloni.it/popinga/sul-dialogo-inter-religioso-con-i-musulmani/
    “64. Bucaniere (17 gennaio 2010, 2:44 am) :
    A me pare che Ritvan abbia esposto argomentazioni valide. Ed i modi offensivi li abbia iniziati Paolo.
    Ma il “botta e risposta” pepato non mi è dispiaciuto, anzi entrambi “parlano come magnano” e così ci hanno fatto approfondire un argomento altrimenti un pò pesante.”

  8. Ritvan Shehi says:

    Sto lavorando alla risposta da dare al Dr. Manellini, però io ci metto più tempo visto che, diversamente da lui, devo anche lavorare. Ma questa “perla” la vorrei commentare al più presto possibile, poiché attiene al modo in cui noi dilettanti dobbiamo cercare di rapportarci anche ai “sacri testi” scritti da professionisti.
    Nel suo prolisso copiaincolla dei papiri dello storico mediorientalista Bernard Lewis figura anche questo paragrafo:
    “La prima tipografia musulmana del mondo arabo fu quella di Muhammad Ali in Egitto. Dal 1822, quando fu fondata, e il 1842 stampò 243 libri…(pagina 183)”

    Ora, a meno che per “tipografia musulmana” l’illustre storico ebreo non intendesse chessò, una tipografia che stampa solo testi religiosi islamici, oppure una in cui lavorano solo musulmani, una che usa solo carta, inchiostro e altre materie prime rigorosamente halal (p.es. è proibito usare grasso di maiale per ungere gli ingranaggi dei macchinari:-)), questo passo mi suona un pochino bislacco. Secondo me il traduttore in italiano deve aver fatto confusione, traducendo in quel modo un testo in inglese che andava, invece, tradotto così:”La prima tipografia (stampante) in arabo del mondo musulmano fu quella di Muhammad Ali in Egitto”. Anche perché il buon Lewis non poteva ignorare quello che scrivono due suoi altrettanto illustri colleghi mediorentalisti, Robert Mantran e Stanford J. Shaw (bibliografia riportabile a richiesta del Dr. Mantellini), ovvero che la prima tipografia “musulmana” (nel senso che stampava libri in una lingua usata da popolazioni musulmane dell’Impero Ottomano) è stata fondata ben un secolo prima, ossia nel 1727 ad Istanbul e presumibilmente stampava solo in lingua turca: solo così avrebbe senso il “primato” della stampa in arabo attribuita da Lewis alla tipografia egiziana.
    In quanto all’altro paragrafo di Lewis, citato dal Dr. Mantellini :
    “I sultani ottomani proibirono per molto tempo la stampa…(pagina 182)” è un falso per omissione. A questo proposito citiamo Shaw (bibliografia sempre disponibile a richiesta del Dr. Mantellini) che, oltre a colmare il “vuoto” ci spiega anche le ragioni del “ritardo” delle tipografie “musulmane”:
    ” Nell’Impero (Ottomano-ndr.) erano esistite per secoli tipografie per stampare opere in ebraico, greco, armeno e latino ma le forti corporazioni degli uomini di penna (ovviamente non si riferisce agli scrittori ma ai copisti o ammanuensi che dir si voglia-ndr.) ottomani erano riuscite a impedire si creasse una tale concorrenza riguardo all’arabo o al turco ottomano…”.

    P.S. Visto che non ho ottenuto risposta dal Dr. Manellini, gli ripresento le domande contenute nel mio articoletto:
    1. In base a quale criterio lui definisce “vera” solo la differenza religiosa fra Impero Giapponese e Impero Ottomano? Oppure questa è una “Verità Rivelata” solo a lui?
    2. Prendendo come modello il suddetto strabiliante criterio mantelliniano, possiamo allegramente concludere che la mancata analoga rinascita dell’Impero cinese fosse dovuta al fatto che i cinesi, accanto al buddismo (come i giapponesi) praticavano confucianesimo e taoismo, invece dello shintoismo giapponese? Oppure che la mancata rinascita della Spagna e – come giustamente ricordava il mio amico Di Vita – il fallimento delle riforme intraprese in Etiopia fossero da imputare al cristianesimo praticato in quei Paesi?
    E’ gradita risposta, grazie.

  9. Paolo says:

    E il dottor Mantellini non rispose, chissà perchè. Anche se io una mezza idea in merito ce l’avrei…

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