La stagione dei festival

L’inizio dei primi caldi, da un po’ di anni a questa parte, coincide con l’avvio dei Festival della cultura, che poi ci allieteranno per il resto dell’estate.

Quando dico cultura intendo la cultura con la C maiuscola; quella chiamata a misurarsi con i massimi sistemi; quella che affronta tutto lo scibile che perlopiù, a noi popolo mediamente alfabetizzato, ci risulta ostico e
indigesto.

Eppure questi genere di festival godono di un audience di tutto rispetto.
Fiumane di gente affollano auditorium, fiere, piazze ed altre e svariate locations, dove fior fiori di intellettuali sono chiamati a discettare di filosofia, arte, matematica, astronomia, economia, immigrazione, sociologia, antropologia…, facendo sempre il tutto esaurito.
E ormai gli esperti, i professori, i luminari, gli scrittori di maggior fama, possono contare su questa specie di seconda carriera che è presenziare ai vari eventi organizzati un po’ ovunque in giro l’Italia: non solo nelle città con plurisecolare background accademico quali possono essere Padova o Bologna, ma anche il borgo più sperduto, senza alcun timore reverenziale per cotanti lignaggi, non si fa cruccio alcuno ad osare anch’esso il suo bravo festival.

Che sta succedendo? Stiamo diventando tutti dei gran cervelloni? Dove finisce la cultura d’élite e dove comincia la cultura di massa?
Rispondere non è semplice. Ogni tentativo serio di risposta non può che sfocciare nell’ambito della saggistica impegnata e interdisciplinare, per cui serenamente demando ad altri ,e più titolati, tale
compito, magari da affrontare proprio, perchè no? in un apposito festival.

Ma pur senza alcuna pretesa di esaurire il tema qualche idea me la son fatta sul perchè del successo dei festival della cultura.
Potrebbe essere ad esempio che reduci da stagioni televisive a base di isole dei famosi, di grandi fratelli, di porte a porte, noi si senta come il bisogno di sgranchirci la mente.

Oppure potrebbe essere che lo stimolo culturale che ci porta a desiderare di guardare in faccia il nostro autore di culto, altro non sia che il risultato dell’efficace marketing dell’industria dell’infoteintment. Così insomma come migliaia di fan per nulla al mondo si lascerebbero sfuggire un concerto di Lady Gaga, così schiere di seri giovanotti e di signori e signore distinti gremiscono la sala dove il vip Bauman tiene la sua ennesima lezione sulla società liquida.

Un altro motivo del successo dei Festival della cultura potrebbe essere l’assuefazione e la sfiducia nei confronti dei vecchi e nuovi media. Nei festival, infatti, abbiamo a che fare direttamente con il vate della nostra materia preferita. Con i festival, infine, ci si libera della comunicazione filtrata dalla tecnologia e si ritorna all’agorà: social network, con buona pace di facebook, dove per comunicare non servono nè monitor nè tastiere. Quasi quasi mi ci iscrivo.

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2 Responses to La stagione dei festival

  1. Attento a non iscriverti a qualche festival etnico, dove poi ti danno da mangiare del cous cous precotto, che te lo so gia non gradisci…. 🙂

  2. Malih says:

    come non gradisco la paella appicicaticcia, le danzatrici del ventre anoressiche, l’incenso che sa di petrolio…e poi tutti sti tipi con la barbetta e la kefiah , per non parlare poi della rappresentanza femminile che bazzica questi raduni: girano come api attorno ai senegalesi ( i senegalesi venna di gran moda) con negli occhi la speranza di un sereno avvenire da tardipare 🙂

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