Master In Studi Interculturali

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rivista festivaLa presenza in Italia degli stranieri sempe pù massiccia, oltre agli inevitabili situazioni di conflittualità e alle altrettanto inevitabili strumentalizzazioni politiche, apre anche un ampio ventaglio di opportunità occupazionali. In quest’ottica l’Università di Padova promuove da un decennio un Master in Studi Interculturali.
Per capire meglio di cosa si tratta ho chiesto a Adone Brandalise (Direttore del Master) e ad Andrea Celli (membro del comitato direttivo del corso) che ringrazio per la disponibilità, di presentarlo ai lettori di questo blog.

Chiediamo al prof. Adone Brandalise, che insegna Teoria della Letteratura all’Università di Padova e che è direttore del Master in Studi interculturali da ormai più di dieci anni, qual è la cornice teorica in cui nasce il corso di studi.

La globalizzazione e il fenomeno migratorio stanno trasformando la nostra realtà lungo linee forza che rimettono totalmente in questione modelli di comportamento, istituzioni e patrimoni simbolici della cui stabilità potevamo sino a qualche tempo fa essere certi. È chiara ormai da tempo l’urgenza di un confronto con nuovi scenari. E questo confronto deve basarsi su risorse interpretative e metodi di intervento che sappiano andare oltre la risposta a situazioni di emergenza: essi devono porsi come obiettivo, non soltanto l’interpretazione attenta e lo sforzo comunicativo nei confronti di quanti provengono da contesti culturali diversi dal nostro, ma anche quello di interagire con l’evoluzione della mentalità e dei costumi della nostra comunità. Oggi la dimensione interculturale emerge non solo, come poteva apparire sino a qualche anno fa, in alcune congiunture particolarmente sofferte del fenomeno migratorio, ma da molte altre questioni che sono fondamentali nel ridefinire dal punto di vista politico e sociale i nostri territori.

Insomma intende dire che l’intercultura è qualcosa che non va concepito come riguardante solo il fenomeno migratorio: essa riguarda la società italiana, una società fatta di molte componenti e culture in trasformazione…

Esattamente. La convinzione, condivisa da tutti coloro che partecipano alle attività del nostro master, è che di fronte all’inedito pluralismo culturale, sociale e religioso che caratterizza la società italiana contemporanea, le scienze umane e sociali siano chiamate a riflettere criticamente sugli strumenti di analisi e di intervento che sino ad ora hanno guidato lo studio gli interventi sociali. Il destinatario del lavoro culturale non è l’immigrato nella sua relazione con gli italiani, ma il territorio, un territorio nuovo rispetto a ieri, abitato da nuove figure, da nuovi italiani, sia che si tratti di figli di immigrati, sia che si tratti di figli di “italiani di sempre”, ammesso che questa definizione abbia senso.

Quest’anno il corso si presenta con una nuova struttura didattica. Quali sono le novità e a cosa si legano?

Trascorsi più di dieci anni da quando hanno compiuto i primi passi le nostre attività, abbiamo sentito l’esigenza di rinnovare la proposta didattica. Bisognava ripensare i nostri obiettivi. Se alla fine degli anni Novanta, quando si è cominciato a ideare il Master, lo scenario italiano poteva ancora pensare “ingenuamente” e “folcloricamente” la tematica interculturale, oggi la realtà con cui ci confrontiamo è decisamente nuova. Non solo non è più possibile affermare che l’Italia è un paese di recente immigrazione: è da diverso tempo che ormai ci confrontiamo non con la presenza dei migranti (quelli che in numero crescente hanno iniziato a vivere in Italia dagli anni Settanta e Ottanta), ma con la presenza dei loro figli e nipoti. Questi ragazzi, spesso adulti, sono italiani a tutti gli effetti anche se si trovano a vivere in un paese che, dal punto di vista della legislazione e della mentalità, continua a non voler prendere consapevolezza di un profondo cambiamento del paese. Ma a cambiare è poi anche la struttura istituzionale e sociale italiana: il mondo del lavoro, lo stato sociale, gli attori istituzionali stanno confrontandosi con vere e proprie rivoluzioni o catastrofi.

Cosa significa la mediazione attualmente?

La mediazione culturale e sociale richiede oggi ancor più di quanto non fosse ieri molto più che semplici strumenti linguistici. Ciò a cui quindi ci importa dare molto risalto è alle novità, alle nuove soggettività che il paese propone. E questo richiede un approccio creativo. Non è un caso che da quest’anno il Master proponga due indirizzi, uno più direttamente dedicato alla mediazione sociale (cioè al lavoro nelle scuole, nelle amministrazioni, nell’impresa, in strada, negli ospedali), un altro invece dedicato alla creatività artistica e culturale, all’organizzazione di eventi.

Il Master opera quindi all’interno di una rete sociale complessa. Da questo punto di vista risulta significativo che faccia capo al Master, oltre che un Festival, anche l’esperienza di una rivista elettronica di studi interculturali (http://www.trickster.lettere.unipd.it), un network sociale, http://interculturale.net e varie edizioni di un barcamp dedicato all’intercultura. Ne parliamo con Andrea Celli, membro del comitato direttivo del corso.

Da diversi anni la comunità di studenti ed esperti che è cresciuta attorno al Master ha promosso progetti che riconoscono nella rete, nella cooperazione sociale, nelle logiche collaborative un punto di forza della mediazione e del lavoro sociale. Non è proteggendosi che si cresce in forza, ma aprendosi al rischio dell’incontro, non è con il copyright che si alimenta la propria crescita ma con la messa in comune di competenze e di idee, che producono effetti inattesi i quali a loro volta metteranno al mondo nuovi inaspettati frutti. La parola che più ci serve dire in questo momento forse è tra le labbra di un’altra persona.
Orizzontalità, collaborazione, gratuità, condivisione non sono bei sentimenti, ma pratiche che richiedono molta fatica, competenza, ostinazione e radicalità per produrre effetti. Un atteggiamento di questa natura può trovare paradossalmente molte porte chiuse e ostilità, da parte di quelle porzioni di società o di quelle personalità che funzionano in base a meccanismi di selezione, esclusione, privilegio, corporativismo. Logiche di paura, esasperate dalle crisi economiche e sociali. Gli immigrati, così come le nuove generazioni, vengono rapidamente educate a questa severità dei dispositivi di accesso ed espulsione.
È da questo punto di vista significativo che internet abbia avuto sino a oggi un ruolo molto rilevante nella didattica del Master ma che soprattutto nelle aule del corso abbiano trovato origine alcune iniziative che sono basate su di una applicazione molto rigorosa e inventiva dell’idea di “comunità di pratica” (http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_di_pratica).
Il nostro gruppo di lavoro, fatto di studenti, ricercatori e operatori, ha ritenuto che l’obiettivo del corso non dovesse essere la riproduzione dei modi di lavoro dell’accademia, ma dovesse tentare di mescolare il più possibile la ricerca anche più teorica con la dimensione delle pratiche.
Riteniamo in definitiva che ci sia una affinità tra l’approccio interculturale, cioè che tende a valorizzare un atteggiamento creativo e performativo in rapporto alla identità individuale (alle varie spesso schizofreniche identità che ciascuno di noi ha e a volte non riesce a tenere insieme), e la dimensione di internet, che nei suoi sviluppi più avanzati permette di superare la rigidità a favore della mobilità del discorso a più voci (non a caso abbiamo collaborato alla redazione di diverse voci di Wikipedia).

N.B. la scadenza per le preiscrizioni al master è prorogata al 13 dicembre

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One Response to Master In Studi Interculturali

  1. Pisacane says:

    Bellissima rivista. Grazie per la scoperta!

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