Sartori, non faccia il comico

Sull’inserto culturale del CORRIERE DELLA SERA in data 05/02/2012 è uscito un articolo di Giovanni Sartori sul tema della cittadinanza italiana agli immigrati. Leggendolo mi ha molto infastidito l’approccio di Sartori a questo tema delicato. Di seguito la mia reazione.

ridopernonpiangere

Lei, prof. Sartori, era già intervenuto sulla questione dello ius soli e dello ius sanguinis, proponendo l’alternativa della “residenza permanente revocabile”. Concetto opinabile quanto si vuole, ma pur sempre una proposta. Ora ritorna di nuovo sull’argomento avanzando sempre la stessa proposta. Ci sta. I professsori, si sa, sono puntigliosi. Ma lo fa dilungandosi in una prolusione che non ci si aspetterebbe da un luminare del suo calibro. Ma che, volendo essere più precisi, non ti aspetteresti nemmeno da un giovane assistente universitario alle prime armi ubriaco.
Tutto il suo ragionamento è fallace: scambia le cause con gli effetti. Dice ad esempio: “Posto che il grosso di questi immigrati saranno islamici, in Europa l’esperienza di come accoglierli e inserirli finora non è stata felice. In Europa i Paesi più «invasi» sono l’Inghilterra e la Francia. In entrambi i Paesi vive oramai una terza generazione di immigrati (in buona parte una eredità coloniale), regolarmente accettati come cittadini ma che non si sentono tali. Anzi. Vivono in periferie ribelli che alimentano anche nuclei di terroristi. Si credeva che questa popolazione fosse oramai integrata, e invece si scopre con sorpresa, per non dire con sbigottimento, che specialmente i giovani rifiutano i valori etico-politici della civiltà occidentale”.Mentre invece è vero esattamente il contrario: se stanno nelle condizioni in cui sono questo è dovuto all’assenza di politiche per la loro integrazione. Di esempi di questo tenore è infarcito tutto il suo articolo. Basta dare una scorsa all’articolo in questione e chiunque può avvederserne da sè. E questo, tralasciando anche i molti dubbi sulla veridicità dei postulati che imperniano il suo discorso, è per quanto riguarda la sostanza. Ora la forma. Subito, professore, parte crogiolandosi su come il suo precendte articolo abbia sollevato parecchie discussioni, dimenticando che a precederla in quanto a sollevar discussioni ci aveva già pensato Beppe Grillo. E anche questo è barare. La paternità della polemica spetta senza ombra di dubbio a Beppe Grillo. Ma lei, professore, sembra non voler sentire ragione, e ce la mette tutta pur di battere il comico sul suo proprio terreno. Un linguaggio approssimativo, ammiccante, luoghi comuni sparati a raffica, il tutto pervaso da livore razzista solo parzialmente celato dal suo ghigno beffardo…insomma tutto pur di strapparci una risata. No caro professore, non ci ha fatto ridere. Anzi è stato, il suo, uno spettacolo triste.
Ci piacerebbe serbare del professore Sartori un bel ricordo. Dovrebbe fare come fanno certi veri campioni: non appena si rendono conto che non potranno mai più essere quelli di una volta hanno l’eleganza di abbandonare le competizioni. Il pubblico capisce e li riempie di riguardi, onorificenze ed ovazioni. Ecco professore, lasci stare Grillo e si prepari pittosto un commiato decoroso. Forse fa ancora in tempo. Le daranno tante lauree ad honorem; se ne andrà da trionfatore e io sarò in prima fila ad applaudire alla standing ovation. Vorrei ricordarla come esimio professore, non come sosia di Grillo o un replicante della non più fra noi Fallaci.

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