Di sponda in sponda

Da blogger sono abituato alla scrittura veloce. Quando ho un’idea mi metto alla tastiera e la sviluppo, cioè ci scrivo un post. Un post è come un articolo, solo un po’ più sbrigativo. Questo modo di fare è comodo. Sembra che gli utenti del web questo vogliano: stringatezza e possibilmente chiarezza.

La scrittura per il web e del web risulta in effetti meno pretenziosa, più leggera. Il risvolto della medaglia però è sempre in agguato, ed è la sciatteria. A rimetterci è la riflessione. Quest’ultima ha bisogno di tempi lunghi; più lunghi ad esempio di quanto occorra per pensare un tweet, o condivedere uno stato d’animo su facebook o appunto scrivere un post.

Vi faccio parte di queste elucubrazioni perché il direttore della rivista Il piede è l’orma (semestrale)mi ha dato la possibilità di scriverci un pezzo. La richiesta mi è arrivata con la chiusura dell’ultimo numero, quindi ben 6 mesi di tempo per buttar giù qualcosa. L’argomento è “di sponda in sponda”, da sviluppare liberamente. Ovviamente in quanto migrante il tema è appetibile. Si parla infatti spesso di sponde quando si parla di mediterraneo e di immigrazione.
Ultimamente, grazie a questo blog, qualche altra richiesta simile mi arriva. La cosa mi gratifica però mi mette anche di fronte ai miei limiti. Che sono quelli di un autodidatta. Mi manca insomma il metodo. Scrivere un saggio, per quanto breve, non è una bazzeccola. Non me la posso cavare con giochi di parole, piroette verbali e altri bluff lessicali. Per il genere di articolo che mi è stato richiesto ci vuole la ciccia: un minimo di tesi, un accenno di controtesi, conclusioni e in appendice una nutrita bibliografia. Chi legge insomma, alla fine deve aver imparato qualcosa, e anche quando non si ha nulla di nuovo da dire, bisogna essere bravi abbastanza da impressionare il lettore. Citare i classici all’uopo può far gioco. Meglio ancora se si ha dimestichezza con la mitologia greca. Io ad esempio rimango sempre affascinato da quelli che sanno tutto di Afrodite, Eros, Apollo, Ermes…; di coloro che all’occorrenza saprebbero disegnarti al momento una mappa dettagliata dell’Olimpo. Ma la mia ammirazione non è mai così tanta da sfociare in emulazione. Non trovano posto nella mia memoria nemmeno i parenti stretti oltre il secondo grado. Figuriamoci l’intrico del parentados delle divinità greche. Ma nemmeno con celebrità a noi contemporanee riesco a raccapezzarmici. Ad esempio, per me sono un mistero inestricabile, un dedalo, i legami di sangue che collegano Ridge agli altri membri di Beatiful. Potrei azzardare che Brooke è sua moglie, ma verrei subito zittito dalla mia compagna che inutilmente si spenderebbe nell’aggiornarmi sulle ultime bagatelle amorose, e spesso incestuose di Ridge, per cui alla fine non si capisce più chi è il marito di chi, chi è il figlio di chi e se la nuora nel frattempo non sia diventata moglie, o la suocera concubina. Ridge in quanto a costumi sessuali deve avere preso parecchio dalle divinità greche.

Quindi capite bene la mia difficoltà di scrivere un saggio, seppur breve, che abbia un minimo di dignità.

Eppure ci tengo a fare bella figura e a non buttare alle ortiche quella poco di credibilità per cui ogni tanto mi giunge qualche richiesta di scritti impegnativi. E allora io ci penso a cosa potrei scrivere sull’argomento “di sponda in sponda”.

La prima cosa a cui ho pensato è il biliardo, per via delle sponde. Poi subito dopo ho pensato al rimbalzo. E per legare in qualche modo la cosa all’immigrazione mi è parsa buona la metafora della tanta umanità che viene rimbalzata da una sponda all’altra del mediterraneo. Con effetti a volte drammatici. A come anche le traiettorie di questi rimbalzi, come avviene nel biliardo, rispondano magari a precise leggi fisiche che noi nella nostra ignoranza ancora chiamiamo destino.

Poi mi è venuto in mente anche la vicenda dei profughi tunisini, che dopo la caduta di Ben Alì si sono riversati in migliaia sulle coste italiane, accolti ( per modo di dire) nei centri di accoglienza e poi dispersi per l’Italia e per l’Europa. Alcuni di questi sono spariti nel nulla. In questi giorni sono le mamme di questi ragazzi a sbarcare in Italia alla ricerca di notizie sui loro figlioli. È una vicenda questa di queste mamme tunisine che non ha avuto l’eco che merita.

Ecco sono queste le idee che ho sin qui raccolto e che mi riprometto di farci prima o poi un articolo (un saggio breve) per la rivista Il piede e l’orma. E nel mentre ci penso, intanto ne ho fatto questo post.

PS
Per chi volesse sapere di più sulla vicenda delle mamme tunisine consiglio questa campagna di sensibilizzazione: Da una sponda all’altra: vite che contano.

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One Response to Di sponda in sponda

  1. Oriana says:

    Che bella notizia, una sfida a fare un salto di qualità! Ce la puoi fare… te lo presto il compendio delle superiori sulla mitologia greca! 😉 E poi comunque sarà un saggio col tuo stile personale… altro che Beautiful!!!

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