Siesta

L’altro giorno dopo pranzo mi son steso sul divano per la più classica delle sieste. Mi sono addormentato e ho perso la cognizione del tempo. Mi capita, a volte, quando mi addormento di pomeriggio: mi vien da pensare che sia notte e che al mio risveglio debba affrontare una nuova giornata. Insomma mi son fatto una bella dormita, di quelle che sì ti rigenerano ma che un po’ ti rincoglioniscono anche. Ero là che indugiavo sul divano, quando mi avvedi che dalle tapparelle, insieme alla luce pomeridiana, filtrava anche un brioso brusio. Dal brusio si librava nitida una musica di fisarmonica. Il tutto mi giungeva oltrepassando l’ulteriore ostacolo della coperta sotto cui stavo imbacuccato. Come gli odori anche i suoni devono avere la facoltà di portare a galla ricordi di cui poi ci meravigliamo di serbare memoria. A me i suoni e le voci che giungevano dalla strada mi ricordarono i rumori che sentivo, nella mia casa nativa, da piccolo, a Casablanca. Soprattutto di bambini che giocavano. Il richiamo del venditore d’acqua. Il martellare di un artigiano sulla lamiera. Il ragazzo che sempre passava fischiettando e cantando canzoni indiane ( bollywood trionfava dalle mie parti). Qualche rara motocicletta. Erano suoni con un’eco agreste e avevano il tono di una laboriosità allegra e complice, di gente semplice.
La musica di fisarmonica, facendosi strada fra il vociare sottostante e i ricordi, lieve e nostalgica scorreva…
Take everything, ma non la mia siesta.

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