n questo perdiodo dell’anno, nelle pagine centrali del più letto giornale cartaceo di Senigallia ( ridente cittadina di mare dove abito) di solito nelle cronache si dà ampio spazio ai vucumprà. Cioè ai blitz dei vigili contro i vucumprà. Oppure a retate congiunte di squadre scelte di vigili coadiuvate dalla marineria di porto e da altri, variamente assortiti, tutori dell’ordine contro i vucumprà. Con tanto di inventario meticoloso della merce sequestrata. Gli unici omissis, forse per via di qualche forma di pudore contabile, riguardano i pareo e i costumi da bagno.
Inoltre, i zelanti cronisti, non mancano mai di sottolineare come tutta la merce sequestrata vada parte distrutta, parte devoluta alla caritas. Delle retate a scopo benefico insomma.
Quest’anno il tema caldo per la cronaca è, invece, il popolo della Movida. Popolo questo di cui so, essendo animale diurno, solo per sentito dire e per via dei mozziconi di sigaretta, dei bicchieri vuoti e dei cocci di bottiglie di birra che seguono le sue incursioni nottune. Non ho nulla da obiettare contro questa avanzata gloriosa sulle pagine della cronaca locale del popolo della Movida. E nemmeno avrei nulla da obiettare nel caso il popolo della movida dovesse conquistare l’onore delle prime pagine nazionali, accanto al popolo del web. Anzi, se questi due popoli, il popolo della Movida e il popolo del web, arrivassero a scalzare del tutto i vucumprà dai giornali, ai miei occhi diventerebbero eroi del politically correct.