L’eco biblica inevitabilmente risuona nelle parole “padre” e figlio”. Tale fardello etimologico, in epoca di relativismo etico, è diventato palesemente insostenibile. Perduta l’antica autorità/autorevolezza patriarcale e l’altrettanto vetusta devozione filiale, genitori e pargoli non sanno come rapportarsi gli uni agli altri. Così nell’attesa di un nuovo assetto lessicale che sia meno zavorrato di resposabilità ma anche meno sbracato di nomigloli tipo papi e derivati, non rimane che l’incomunicabilità.
Per Michele Serra, questa incomunicabilità non è soltanto una tipica questione generazionale. Siamo invece, sospetta l’autore, dinnanzi a un salto darwiniano. Che ha prodotto Gli sdraiati – da cui il titolo del suo nuovo libro. Dove l’autore prorompe in un dissacrante e affettuoso rimprovero rivolto a un esemplare di questa nuova specie con cui gli tocca convivere: suo figlio. E si ritrova ad aggirarsi per casa con fare da antropologo, prendendo nota delle peculiari caratteristiche di questa inedita forma vivente e ce ne fornisce qualche ragguaglio.
Intanto come suggerisce il titolo, essi vivono quasi sempre da sdraitai. Il loro habitat è il divano. La loro attività è il multitasking. Si tatuano. E fanno anche altre cose inspiegabili come portare la visiera del cappello calata sulla nuca…
Leggendolo, questo libro, si ride molto e ci si commuove anche. Finito di leggerlo ti viene da ringraziare personalmente l’autore e forse anche di offrirgli un caffè. Non ultimo per averti riconciliato coi libri. Che non è roba da poco visto che son tempi da Masterpiece e Fabio Volo. E si fa fatica a distinguere le librerie, tanto è il predominio della gastronomia, dalle trattorie.