Un aspirante migrante, quando è ancora tutto intento a trastullarsi con l’idea di un futuro prospero oltrefropntiera, il primo ostacolo reale che lo viene a distogliere da suoi sogni ad occhi aperti sono i documenti.
Visti, passaporti sono infatti le chiavi per accedere a questo sogno. Perciò gli addetti agli sportelli aquistano una valenza emotiva tutta particolare. Un loro sì o un loro no può cambiare le sorti di un esistenza.
Nei casi più fortunati, questo rapporto di odio e di amore con gli addetti alle scartoffie è destinato a durare anche in Italia.
Permesso di soggiorno, idoneità alloggiativa, ricongiungimento familiare sono solo alcuni dei momenti in cui l’immigrato scopre che i documenti, come gli esami, non hanno mai fine. Ad ogni passo deve vedersela con leggi vessatorie e buracrati oltremodo zelanti decisi a cartabollargli ogni minimo evento della sua precaria esistenza.
Ribellarsi a questo stato di cose vuol dire un altro documento: il foglio di via.
L’unica cosa saggia da fare rimane quella di catechizzarsi per bene sui vari percorsi kafkiani da seguire per accedere all’ennesimo documento, sempre propedeutico a un ulteriore documento, dogmaticamente necessario alla tua regolare presenza in Italia.
Fra le molte parole che si spendono sugli immigrati poche sono quelle che sanno raccontarceli quando sono in giro fra sportelli alle prese con i documenti. Non è il caso Di Maria Rosaria Baldin e del suo Avanti il Prossimo. Fedele cronaca di vite sospese fra burocrazia e immigrazione. Assurde Ma vere.
” Eccomi qui, con un fascio di carte in mano ed una miriade di storie e di volti che si affastellano dentro e a cui dovrò dare un ordine e un nome. Fredde carte che parlano il noioso linguaggio della burocrazia, quello che non interessa a nessuno. Ma io, dietro ognuno di questi fogli, vedo un volto e una storia.”
bella riflessione, davvero la burocrazia italiana farebbe impallidire pure kafka…